
Con le nespole campavano intere famiglie che chiedevano grazia per il raccolto a San Biagio.
Nella primavera del 1940, i pescheti stavano gemmando e i nespoleti di Trabia erano carichi di frutti quasi maturi e i coltivatori delle contrade Giardini e Piani "Iardinieri e Chianioti" stavano preparando le cartedde e i panieri per la raccolta che si annunciava ricca e di ottima qualità. Ringraziando devotamente San Biagio loro protettore per non avere scatenato forti venti di scirocco che, come spesso accadeva, rovinavano la qualità del prezioso frutto.
La coltivazione delle nespole era ancora giovane e anticipava la raccolta rispetto delle pesche che sarebbe maturata subito dopo. Infatti la nespola è il primo frutto della primavera che bene si inserisce tra le coltivazioni e le raccolte stagionali. Per molti decenni, le nespole sono state per i trabiesi una risorsa importante e dal loro raccolto i coltivatori traevano una parte consistente del loro reddito; una buona annata permetteva loro di accumulare un reddito per sostenere dignitosamente tutta la famiglia per il resto dell'anno.
La coltivazione dei frutteti trabiesi, oltre al terreno particolarmente fertile era stata incrementata e resa possibile grazie all'opera idrica che attraversa a monte i terreni, lungo un percorso di circa quattro chilometri da Trabia verso San Nicola. Il cosiddetto "Cunnuttu", il condotto di pietre e malta cementizia con delle aperture di approvvigionamento per ogni tenuta da irrigare, con un regolamento non scritto ma ancora oggi parzialmente in uso. Non a caso la fonte venne chiamata "Acqua dell'oro" per la ricchezza che produceva in termini economici.
Piddu Campagna e la sua famiglia ogni anno aspettavano fiduciosi il primo frutto della primavera nelle sue varietà: la rossa, la vaniglia e il nespolone. Salvatore Campagna, aveva appena compiuto diciannove anni e già da molto tempo era al fianco del padre Giuseppe nella conduzione dell'azienda agricola. Era il più giovane dei tre figli maschi, ma anche il più intraprendente e vivace. Il maggiore, Peppino molto più grande era già sposato e non lavorava più con il padre che poteva contare quindi solo sull'aiuto di Antonino e di Salvatore.
Nino e Totò si ritrovavano spesso a lavorare fianco a fianco nel nespoleto in contrada Madonnuzza mentre il padre era impegnato nell'uliveto in contrada Burgio, oppure a tagliare i tralci nella vigna in contrada Spinasanta o nel mandorleto del Rovetto. Nino, in quanto fratello maggiore, in una famiglia patriarcale, rivendicava un ruolo più alto e faceva fare a Totò i lavori più pesanti e non finivano mai la giornata senza una litigata. Alla presenza del padre però, non osavano parlare o mostrare disaccordi, sarebbero stati guai per entrambi. Piddu era molto autorevole e in famiglia tutti gli portavano rispetto, ma anche affetto, per la sua dedizione completa al lavoro e alla famiglia.
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