
Le abbanniate dei "pisciaioli" diventavano sinfonia nell'antica via dei Bagni.
Quando si parla della Strada Verdura, il più antico e folkloristico mercato rionale di Termini Imerese, ribattezzata a Vucciria, non si può fare a meno di citare la " putia ri pisci ri Save'". Saverio Saverino proviene da una numerosa famiglia, ed è precisamente il quarto di otto figli, il primo dei maschi. Non ancora quattordicenne, sebbene abbastanza promettente negli studi, abbandonò la scuola alla ricerca di un'attività lavorativa.
Mosso dal grande desiderio e dalla necessità di aiutare economicamente i suoi genitori ed i fratelli, riuscì, grazie alla sua tenacia e caparbietà, a farsi assumere come garzone presso uno dei molti pastifici sparsi nel nostro territorio. Tuttavia, la sua corporatura molto esile non gli consentì di svolgere i compiti faticosi che tale attività implicava, e così fu costretto a ricercare un nuovo impiego. A tal riguardo, si può dire che la sua vita fosse già segnata dal destino. Ed infatti, sebbene il padre Angelo, con Nino Testa, fossero tra i più noti commercianti di pesce della città, Saverio si fece assumere, come garzone, dal titolare di quella "putia" che sarebbe stata, successivamente, la sua pescheria fino ai giorni nostri.
La pescheria, originariamente, intorno agli anni '40 del secolo scorso, era di proprietà del già anziano Michele Longo, che amorevolmente insegnò al giovane Saverio non solo a gestire l'attività, ma soprattutto a squamare (operazione che va fatta dalla coda verso la testa), eviscerare e sfilettare pesci di piccola e media taglia, oltre che a sezionare e tagliare a fette grossi pesci, come il tonno e il pesce spada.
Era tanta la passione e l'impegno che lo contraddistingueva, che imparò prestissimo a maneggiare i coltelli nel modo più appropriato. Le sue mani potevano essere paragonate a quelle di un chirurgo e i suoi coltelli a dei bisturi pronti ad effettuare dei tagli così precisi che le fette di tonno, in particolare, apparivano tutte di egual misura. Insomma, si era in presenza di un vero professionista che non sbagliava mai una fetta. Una eccellente tecnica la sua che paragonerei alla grande arte giapponese del Sashimi (tradotto il termine significa corpo tagliato). Il taglio perfetto di una fetta richiede tanto apprendimento e tecniche specifiche che si applicano ai diversi pesci. Infatti, gli stessi pesci tagliati da due pescivendoli diversi possono rivelare un gusto differente nel momento in cui si cucinano. Saverio si distingueva dagli altri non solo per lo spessore della tranciatura, ma anche per la disposizione delle fette durante il taglio, che faceva davvero la differenza.
Dal 1957, anno in cui Michele Longo decise di non esercitare più la sua attività, in considerazione della sua veneranda età, Saverio, sebbene giovanissimo, divenne titolare di questa famosa pescheria. Lo stesso, all'età di 19 anni, fu colpito da un grave lutto. La morte prematura del padre lo segnerà per tutta la vita e lo renderà più responsabile nei confronti dei suoi familiari. Infatti, negli anni che seguirono, fu il punto di riferimento non solo della madre, ma anche dei fratelli e delle sorelle. Peraltro, per soddisfare appieno le esigenze dell'intero nucleo familiare, Saverio non disdegnò di svolgere un secondo lavoro, tant'è che comprò un "uzzareddu", ossia un picoolo Gozzo, ed insieme ad altre due persone, "Fuli Mulitteddu" (Mantia) e "Carminu Firicanu", andava personalmente a pescare il pesce che avrebbe rivenduto l'indomani nella sua pescheria.
Un'altra attività che lo vide molto impegnato fu quella inerente alla conservazione con salatura del pesce azzurro, appresa da ragazzino, semplicemente osservando gli operai che lavoravano nel magazzino del padre Angelo nei pressi della Marina. Qui odori e voci si mescolavano scatenando i sensi, ricordi antichi ormai sepolti dal tempo. Oggi, la pescheria è gestita dal figlio Santino, giovane molto abile professionalmente come il padre.
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