
Fino al XVIII secolo si contavano ben tre tonnare: la Tonnara della Lupa, la Tonnara di San Calogero, la Tonnara di San Leonardo.
"La rete è stata lanciata, le maglie si sono distese. I tonni vi entreranno in una notte di luna piena". Così scriveva Erodoto, nel V sec. a.C., e così è stato per secoli. I tonni, giganteschi e pacifici animali in grado di percorrere anche migliaia di chilometri, iniziano i loro "viaggi d'amore" migratori in primavera. Dall'Atlantico giungono nel Mediterraneo, dove la temperatura mite e le acque più calde ne favoriscono l'accoppiamento e la riproduzione.
Già nel XII sec., il geografo islamico Al Idrici rammentava che nelle acque di Termini Imerese si pescava "quel gran pesce chiamatosi tonno". Nacquero così le tonnare nelle acque di Termini Imerese: la Tonnara della Lupa, la Tonnara di San Calogero, la Tonnara di San Leonardo.
La punta di San Giovanni a nord e la punta della Secca segnavano i confini dell'apertura verso il mare del Castello di Termini Imerese, e in vicinanza di tali limiti della rada sorgeva proprio la Tonnara detta della Lupa. Tale nome le era stato attribuito a causa del fatto che la stessa era posizionata tra il tratto terminale della rupe del Castello, che aveva una forma che evocava proprio il "Muso di Lupa", ed il lido che anticamente era prospiciente al sito dove oggi ricade la chiesa di San Bartolomeo, antico luogo di culto a servizio della tonnara.
Questo tratto di costa era un sito favorevole, rispetto ad altri confinanti, per intercettare branchi di tonni che transitavano dalla primavera a fine luglio. A poche miglia sorgeva la Tonnara di San Calogero o Xilandro, detta anche Galea Sec. Il nome è stato dato per via delle caratteristiche dello scoglio e della relativa secca della Galea che somigliavano a quelle di una imbarcazione in uso alla flotta bizantina. Ad ovest della foce del fiume San Leonardo si hanno notizie di una terza Tonnara, che prende il nome proprio dal fiume.
La tonnara è un apparato di reti a camere progressive, un metodo inventato dagli arabi e tramandato agli spagnoli, che trova la sua apoteosi in Sicilia. La pesca del tonno veniva praticata nel trimestre tra Aprile e Giugno, e tale era l'attenzione ad essa rivolta che vi era una apposita legge, cosiddetta "Ferie Tonnitiarum", con la quale si preservavano i lavoratori dal rischio di essere arrestati a causa degli eventuali debiti contratti.
Nel 1094 Ruggero I aveva concesso al monastero di San Bartolomeo di Lipari il diritto di percepire la decima parte del pescato della tonnara di Termini Imerese. Quota questa che successivamente fu ceduta per metà all'arcivescovato di Palermo e per l'altra metà al clero Termitano. Così come succedeva per i terreni agricoli, anche la gestione delle Tonnare di Termini era di esclusivo privilegio delle famiglie dell'aristocrazia, prima catalana e, successivamente, siciliana o del clero, che ne traevano cospicui redditi e prestigio sociale.
Nel 1433 un nobile signore di origine catalana, Antonio Olzina, acquistò non solo le tonnare, ma entrò in possesso anche del territorio di Termini Imerese. Dopo la sua morte, proprietari delle tonnare termitane divennero la moglie Beatrice de Urrea e, successivamente, si susseguirono il nobile Antonio Melchiorre de Ribelles, Antonio Sin e nel 1481 tale Giovanna de Risignano (la quale accampava diritti per un prestito elargito dallo zio, banchiere pisano, all'Olzima) ed infine, i principi Lanza di Trabia.
Nel malfaraggio, che era l'immobile dove si lavorava il pesce catturato, venivano, a fine stagione, conservate le imbarcazioni, le reti, gli ormeggi e tutto ciò che riguardava la relativa pesca. Il malfaraggio di Termini sorgeva su antichi apparati dunari, tra il piano dello Xilbi (oggi piazza S. Anna ) e contrada del Borgo (Torracchio da torrione edificato a protezione del castello, fuori le mura).
Oltre al Rais, a coordinare i tonnarioti vi erano i "capiguardie"; tra questi, il 18 aprile 1605, Giuseppe Catanzaro, con altre 15 persone, in qualità di capoguardia della tonnara di San Calogero, vendettero ai signori A. Oliva, G. Gallo e G. Lo Parrino una certa quantità di tonni freschi al prezzo di tari 42 per ogni cantaro (circa 80 kg.).
Dopo l'acquisto da parte dei Lanza di Trabia della Tonnara di Termini, gli impianti vennero abbandonati e distrutti dall'incuria per favorire l'ascesa della Tonnara di Trabia.
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